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News Andrea Polacchi, il nuovo presidente del Comitato regionale Arci Piemonte, guarda al futuro

Pubblicato il 19 dicembre 2022

Poco meno di un mese fa, precisamente il 12 novembre, Andrea Polacchi è stato eletto presidente del Comitato regionale Arci Piemonte. Già presidente Arci Torino, ha accolto l’investitura con lo sguardo rivolto al futuro. «Ricevo in eredità un’associazione che ha sicuramente sofferto durante la pandemia, come ha patito tutto il mondo del Terzo Settore in particolar modo gli spazi culturali che promuovono spettacolo e arti performative, però è anche un’associazione che ha dimostrato di essere resistente – dice -. Una realtà, che conta oltre 400 circoli con 7 comitati territoriali che rappresentano 120mila tesserati, che ha deciso di rilanciarsi e di svolgere sempre meglio il proprio ruolo di rete associativa, la più grande di promozione sociale del Piemonte e quindi con anche una forte responsabilità».

Che significato ha per il territorio una realtà come Arci Piemonte?

«Per la nuova campagna di tesseramento abbiamo creato uno slogan che recita: “siamo nuovi, ma siamo quelli di sempre”. Il significato è proprio quello, promuoviamo cultura, solidarietà e mutualismo e lo facciamo continuando a credere nei valori storici dell’associazione, quelli dell’accoglienza e dell’inclusione sociale. L’Arci è un laboratorio di pace, antifascismo e democrazia da quasi 70 anni, l’obiettivo rimane creare legami, fare in modo che all’interno dei nostri spazi le persone possano sentirsi libere e sicure, offrendo emancipazione dalla povertà e dalla sofferenza».

Qual è, tra i tanti, il progetto che per primo perseguirà nel nuovo ruolo?

«La prima sfida del nuovo gruppo dirigente sarà quella di rilancio e di rafforzamento di tutte le aree territoriali. Negli ultimi decenni abbiamo visto che il divario tra il centro, le periferie e le aree metropolitane si è allargato. È arrivato il momento di fare in modo che alcuni servizi e opportunità non siano presenti solo in determinate aree, prevalentemente quelle metropolitane, ma attraverso il welfare di prossimità sia distribuito equamente in tutta la regione».

Parliamo di giovani.

«Abbiamo diversi progetti avviati, anche perché Arci è una realtà che ha una forte componente giovanile con tantissimi spazi artistici visitati da migliaia di ragazzi. Inoltre, almeno la metà dei 120mila soci annuali di Arci Piemonte sono giovani. Anche in questo caso l’obiettivo è di diffondere il radicamento di spazi dedicati a loro su tutto il territorio».

Per quanto riguarda la Riforma Terzo Settore?

«Credo sia l’aspetto più importante da valutare in questo momento. Da un lato per il compimento di vari punti che mancano, in particolar modo la parte fiscale che ci preoccupa molto. Dall’altro ritengo che il ruolo di Arci, e di tutti quelli del comparto, sia proprio sollecitare il cambiamento di alcune norme. Questo perché ci sono ancora una serie di aspetti, sia del codice stesso, sia nell’interpretazione che ne danno gli organi di controllo, che sono veramente preoccupanti e si rischia di creare vuoti drammatici. L’auspicio e il lavoro che metteremo in campo sarà fare in modo di evitare di creare tutta una serie di difficoltà. Il problema dell’associazionismo è che non ci si trova di fronte a delle imprese, molte di esse sono gestite da volontari e volontarie, sono piccole e non hanno la possibilità di dotarsi di professionalità che sembrano ormai essere necessarie per sopravvivere. Questa riforma obbliga a diventare notai, commercialisti, avvocati per poter gestire delle associazioni e questo è veramente insostenibile. Il nostro compito, insieme ad Arci nazionale e al Forum del Terzo settore, sarà fare il possibile per cambiare gli aspetti più controversi che burocratizzano la vita, anzi facendo sì di adeguarsi all’esistente, senza obbligare a ulteriori adempimenti».

Di Franca Cassine